Quando si parla di cardioversione elettrica esterna si fa riferimento a una procedura che può arrestare le aritmie cardiache, facendo un reset all’impianto elettrico del cuore. Ma come funziona di preciso? Ci sono dei rischi?

Come funziona?

La cardioversione elettrica si esegue in case di urgenza o emergenza, per trattare le aritmie cardiache, che a loro volta possono provare mancanza di fiato, sincopi o ipotensione. Dopo aver sedato il paziente, si eroga una scossa elettrica nel cuore, che riattiva le cellule in modo simultaneo, e il ritmo cardiaco riprende normalmente.

Questo shock elettrico viene erogato con delle piastre elettriche (manuali o adesive) collegate a un defibrillatore, che si posizionano al livello del torace e della schiena. E’ ovvio che si può eseguire solo in ospedale, in sale ben attrezzate. Prima di effettuarla, tuttavia, si deve eseguire un’altra procedura, l’ecocardiogramma transesofageo, che permette di escludere che all’interno delle cavità cardiache ci siano dei trombi. Dopo che il cuore riprende a ribattere normalmente, è previsto comunque un ricovero ospedaliero, con almeno una notte di degenza.

E’ pericolosa o no? E a chi va praticata?

Una procedura del genere, ovviamente comporta dei rischi, perché può formare un ristagno di sangue negli atri, con il rischio di formulare dei coaguli. Per questo, oltre a rimanere sotto osservazione, i medici possono anche somministrare dei farmaci anticoagulanti.

C’è da dire che non a tutti può essere praticata una simile procedura. Di certo, non chi ha impiantato un pacemaker o qualche altro dispositivo. Il medico, in questo, deve considerare ogni caso, anche se la cardioversione viene fatta somministrando dei farmaci per arrestare le aritmie.

Di Claudia