Tutti sanno chi era Giovanni Falcone, magistrato italiano che ha lottato contro la mafia e fautore, insieme ad altri suoi colleghi, del Maxiprocesso, che non ha avuto precedenti nella storia della giurisprudenza italiana. Ma cosa si sa della sua vita? Quali frasi famose e non ha pronunciato?

La sua vita

Giovanni Falcone nacque a Palermo il 18 maggio 1939, da Arturo Falcone e Luisa Bentivegna, ed era il minore e unico maschio di tre figli. Dopo aver frequentato il liceo classico e l’Accademia navale di Livorni, nel 1961 si laureò in Giurisprudenza nella sua città natale.

Divenne pretore nel 1964, a Lentini, ed in seguito divenne sostituto procuratore a Trapani, dove rimase per dodici anni. Sempre nel 1964 si sposò con Rita Bonnici, ma divorziò da essa nel 1978, anno in cui si trasferì di nuovo a Palermo, dopo l’omicidio del giudice Terranova, e cominciò a collaborare con Rocco Chinnici e Paolo Borsellini. Fu Chinnici, nel 1980, ad assegnargli l’indagine su Rosario Spatola. Dopo l’uccisione di Chinnici, tre anni dopo, Caponnetto costituì il pool antimafia, di cui lui fece ed iniziò a lavorare al Maxiprocesso, grazie anche alla confessione di Tommaso Buscetta. Nel 1986, Falcone sposò Francesca Morvillo, anch’essa magistrato. Il Maxiprocesso si concluse l’anno seguente, ma non finirono le minacce a lui e agli altri giudici.

Nel 1990 falcone si candidò per le liste “Movimento per la giustizia” e “Proposta 88”, ma con un esito negativo, ma lui continuò a lavorare intensamente. Perse la vita il 23 maggio 1992, nella ormai nota strage di Capaci, quando cinquecento chili di tritolo fece saltare in aria la sua auto, in cui viaggiava con la moglie e tre uomini della scorta, Rocco di Cillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro.

Frasi di Falcone

Tra le frasi più belle di Falcone, si possono citare queste:

  • “Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una sola volta“;
  • La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”;
  • Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”;
  • “Credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni non le parole. Se dovessimo dar credito ai discorsi saremmo tutti bravi e irreprensibili”;
  • Possiamo sempre fare qualcosa: massima che andrebbe scolpita sullo scranno di ogni magistrato e di ogni poliziotto”;
  • Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere”;
  • Entrare a far parte della mafia equivale a convertirsi a una religione. Non si cessa mai di essere preti. Né mafiosi”.

Di Claudia